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Stanislavskij, Konstantin Sergeevič.

Pseudonimo di Konstantin Sergeevič Alekseev. Attore, regista e teorico teatrale russo. Frequentò fin dall'infanzia l'ambiente teatrale e circense moscovita e nel 1878 fondò un teatro amatoriale nei pressi di Mosca, dove prese vita il circolo Alekseev. Si iscrisse quindi all'Istituto teatrale di Mosca e nel 1888 creò la Società d'arte e di letteratura, dove si cimentò con la recitazione (fu il Moro nell'Otello di W. Shakespeare, Sontenville nel Georges Dandin di Molière, Ferdinando in Amore e raggiro di F. Schiller) e la regia (I frutti dell'istruzione di L. Tolstoj, Urirel Acosta di K.F. Gutzkow, Otello di W. Shakespeare, La campana sommersa di G. Hauptmann). Nel 1890 S. assistette agli spettacoli della compagnia tedesca del duca di Meiningen: la ferrea disciplina, la perfezione scenica e la forza interpretativa degli attori, coadiuvata dalla costante ricerca da parte di regista e interpreti di una verosimiglianza fattuale e psicologica convinsero S. a lavorare su un metodo che gli permettesse di raggiungere risultati simili anche con la propria compagnia. Nel 1897 fondò, con V.I. Nemirovič-Dančenko, il Teatro dell'arte, dove furono rappresentate le opere di W. Shakespeare, M. Gor'kij e, in particolare, A. Cechov; fu subito chiara l'intenzione di procedere verso una nuova concezione del lavoro dell'attore volta a preparare messe in scena più fedeli e articolate rispetto al passato, all'insegna dell'uguaglianza di valore tra i singoli componenti la compagnia. Desideroso di approfondire le ricerche in campo interpretativo, nel 1912 fondò uno studio, centro sperimentale d'arte drammatica applicata. Nel 1917 la Rivoluzione determinò un radicale cambiamento nell'atteggiamento artistico di S., che si vide costretto a prediligere opere e rappresentazioni che potessero garantirgli un ritorno economico. Dovette allora puntare su scelte classicheggianti che, per contro, attirarono sul teatro le accuse di revanchismo di buona parte dell'intellighenzia bolscevica. S. lasciò, insieme alla compagnia, l'Unione Sovietica, per cercare fortuna in Europa e America (1922-24), dove riscosse un tale successo da permettergli di rientrare in patria con rinnovata credibilità. Decise però di non firmare le proprie regie che affidò invece a I. Sudakov. Dal 1928 si dedicò totalmente alla formulazione definitiva del suo sistema. S. scrisse alcuni volumi incentrati sulla propria vita e sulle proprie tecniche; tra i principali ricordiamo: La mia vita nell'arte (1925); Il lavoro dell'attore su se stesso (1938); Il lavoro dell'attore sul personaggio (postumo, 1956); L'attore creativo (postumo, 1980); Le mie regie (postumo, 1986) (Mosca 1863-1938). ║ Il sistema S.: conosciuto tramite i Paesi anglosassoni, si basa sull'esigenza da parte dell'attore di essere messo in condizioni tali da divenire egli stesso il personaggio che interpreta. Secondo S. questo è il solo modo dato allo spettatore di immedesimarsi completamente nella scena alla quale sta assistendo, perdendo coscienza della sua presenza a teatro e del suo assistere a una finzione. Per riuscire completamente a “entrare” nel personaggio, l'attore deve cercare di ritrovare nel suo vissuto psicologico sensazioni e sentimenti simili a quelli di pertinenza del suo personaggio. Il sistema ebbe grande successo in Europa e negli Stati Uniti e fu alla base della preparazione di registi quali J. Beck, J. Grotowski e P. Brook, nonché materia prima di insegnamento della famosa scuola di recitazione newyorkese Actors' Studio.